Relazione francese del dott. Jean-Michel Dubois-Verdier – Online 10 dicembre 2020
La mediazione nel processo amministrativo: l’applicazione ai conflitti ambientali
Premessa: Il docente francese, che si occupa di diritto comparato sul tema che ci viene proposto per questo convegno on line, deve affrontare una questione complessa. Infatti, non esiste una procedura di mediazione in quanto tale dinanzi al giudice amministrativo italiano. Al contrario, dal 2015 esiste una procedura di mediazione prevista dal codice di giustizia amministrativo francese. Tuttavia e sempre in Francia, per quanto riguarda il tema specifico dell’ambiente, vi sono molte altre procedure che possono svolgersi anche prima che una controversia sia portata davanti al giudice amministrativo, e che tendono a mettere a fronte le autorità pubbliche, da un lato, e i gruppi di interesse o i singoli interessati alle questioni ambientali, dall’altro, al fine di produrre un accordo o un compromesso tra le parti attraverso l’intervento di un terzo esterno, che può essere chiamato mediatore o conciliatore o con qualche altro nome. Ciò rende difficile dare une definizione troppo restrittiva delle procedure di mediazione ambientale.
Un altro aspetto della situazione francese è il ruolo preponderante dello Stato in materia ambientale e, di conseguenza, il ruolo anche lui importante del giudice amministrativo, giudice della legalità degli atti amministrativi, nonché della responsabilità delle persone pubbliche. Il contenzioso amministrativo francese può dunque riguardare un numero molto elevato di controversie in materia ambientale.
Cercherò quindi di trattare l’argomento in modo relativamente empirico, esaminando la procedura di mediazione davanti al giudice amministrativo francese. Di tanto in tanto, parlerò tuttavia da un punto di vista più ampio, quello della mediazione ambientale in generale.
1. Per quanto riguarda il contesto storico del nostro tema, possiamo dire che tradizionalmente e fino ad anni recenti, il diritto amministrativo francese era dominato dall’idea centrale che le controversie dei cittadini con l’amministrazione fossero risolte principalmente e persino in modo esemplare davanti al giudice amministrativo, principalmente attraverso il “recours pour excès de pouvoir” . Certo, c’era da tempo una certa perplessità sull’efficacia pratica del ricorso davanti al giudice amministrativo, perché, da un lato, l’annullamento degli atti amministrativi poteva spesso avvenire a distanza di diversi anni dalla presentazione di un ricorso e, dall’altro, i tribunali amministrativi erano sempre più gravati negli anni da un aumento vertiginoso del numero di ricorsi.
Per ovviare a questa mancanza di efficienza pratica del contenzioso amministrativo e del sistema giudiziario nel suo complesso, alla fine del XX secolo sono emerse diverse soluzioni. Abbiamo così assistito, quasi ovunque nel mondo ma anche in Francia, alla nascita e allo sviluppo di questi “strumenti alternativi di risoluzione delle controversie” “Alternative Dispute Resolution (ADR) Environmental Dispute Resolution, EDR”, che ha dato vita ad una cultura della risoluzione alternativa delle controversie: l’idea di fondo per questi strumenti di risoluzione delle controversie era di offrire una “giustizia plurale”, che avrebbe dovuto portare un “vento di modernità” al sistema giudiziario.
Conviene sottolineare l’aggettivo “alternativo”, perché uno degli scopi essenziali di queste procedure è quello di limitare o addirittura escludere l’intervento del giudice, quale organo dello Stato, per incoraggiare le parti a negoziare, cosa che fino ad allora non era caratteristica della cultura francese e del suo sistema giuridico.
In Francia, è stata prima la giustizia civile e commerciale ad introdurre nella sua organizzazione questi strumenti alternativi di risoluzione delle controversie. In primo luogo, attraverso la riforma delle procedure di conciliazione e di arbitrato, che esistevano da tempo nel diritto civile o commerciale. Nel 1995 è stata così istituita una procedura di mediazione giudiziaria che è stata inserita nel nuovo codice di procedura civile: “Il giudice adito può, previo accordo delle parti, nominare un terzo per sentire le parti e confrontare i loro punti di vista al fine di consentire loro di trovare una soluzione al conflitto tra di loro. Tale potere spetta anche al giudice statuendo in sede cautelare “(articolo 131-1 del CPC francese).
Come si è adattato il diritto pubblico francese, dalla sua parte, in relazione allo sviluppo degli strumenti di risoluzione alternativi dei conflitti?
Per quanto riguarda il diritto amministrativo generale, va notato che già nel 1973 era stata creata un’istituzione esemplare per il nostro tema: il “Médiateur de la République” era un’autorità amministrativa indipendente incaricata di migliorare i rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione. Oggi questo mediatore è diventato il “Défenseur des droits”, che ha la responsabilità di assicurare la protezione dei diritti e delle libertà e di promuovere l’uguaglianza. Sul modello di questa istituzione, inoltre, sono stati creati dei “médiateurs” specializzati nei ministeri: esiste così, dal 1998, un médiateur nazionale per la pubblica istruzione ; un médiateur nei ministeri dell’economia e delle finanze è competente per aiutare a risolvere una controversia con l’amministrazione fiscale o doganale.
Comunque, per quanto riguarda la giurisdizione amministrativa, c’è stata una certa lentezza, fino al 2016, nell’adattarsi allo sviluppo di una vera e propria procedura di mediazione. La prospettiva di vedere uno sviluppo nel diritto pubblico di strumenti di risoluzione delle controversie che potessero scavalcare il giudice poteva forse suscitare diffidenza.
A dire il vero, non è che non ci sia stata prima del 2016 nessuna procedura di composizione in via amichevole nel contenzioso amministrativo.
Ad esempio, esistevano da molto tempo dei comitati consultivi per la composizione amichevole delle controversie relative agli appalti pubblici, (il primo comitato è stato istituito nel 1907!). Questi comitati continuano oggi a costituire un metodo di risoluzione delle controversie in materia di appalti pubblici.
Inoltre, nel gennaio 1986 era stato concesso un potere di conciliazione ai tribunali amministrativi, ma questa procedura è stata poco utilizzata.
Esisteva anche una procedura di mediazione per le controversie transfrontaliere, introdotta nel novembre 2011, a seguito di una direttiva europea del 2008, ma questa procedura ha avuto un impatto più che limitato.
A partire degli anni 2010 è iniziata una riflessione sulla possibilità di estendere il ricorso alla mediazione davanti al giudice amministrativo francese, alla luce delle prassi del giudice civile e del diritto comparato. Questa riflessione ha portato all’introduzione di un nuovo capo nel codice di giustizia amministrativa, interamente dedicato alla mediazione, in virtù di una legge del 18 novembre 2016, significativamente detta “modernizzazione della giustizia nel XXI secolo”.
Si tratta quindi di un’evoluzione diversa dall’Italia dove il legislatore, per il momento, ha deciso di limitare l’ambito di applicazione della mediazione alle sole controversie in materia civile e commerciale.
Con questa legge per la modernizzazione della giustizia e l’introduzione di una procedura di mediazione nel codice di giustizia amministrativa, l’idea generale non era tanto, come si potrebbe pensare, di ridurre il numero dei ricorsi davanti ai tribunali, anche se ci sono migliaia di controversie che possano essere oggetto di mediazione, quanto piuttosto di pacificare la risoluzione delle controversie e di dare priorità al dialogo . In altri termini, l’idea era di aiutare la giurisdizione amministrativa nel suo ruolo di regolatore sociale.
2. Questo procedimento di mediazione davanti al giudice amministrativo francese è definito come “un procedimento strutturato, qualunque sia la sua denominazione, con il quale due o più parti tentano di raggiungere un accordo in vista della risoluzione amichevole delle loro controversie, con l’aiuto di un terzo, il mediatore da loro scelto o nominato, con il loro accordo, dal tribunale”.
Vediamo che il legislatore francese ha scelto, per il giudice amministrativo, di dare una definizione estremamente ampia della mediazione, in quanto si tratta di un processo, suscettibile di comprendere diversi tipi di composizione delle controversie, abbandonando in particolare la distinzione tra conciliazione e mediazione fatta dal codice di procedura civile. Di conseguenza, chiunque abbia una controversia con la Pubblica Amministrazione può ricorrere alla mediazione.
L’unica restrizione è che la mediazione deve essere un processo “strutturato”, cioè deve avvenire all’interno di un quadro , essendo tuttavia questo quadro estremamente ampio. All’interno di tale quadro, il mediatore ha quindi il potere di conciliare, negoziare o anche arbitrare…
– Il codice determina il quadro della mediazione definendo delle regole generali:
i) in primo luogo, si applicano regole di deontologia. Il mediatore, o la mediatrice, che può essere una persona fisica o giuridica, deve svolgere la sua missione con imparzialità, diligenza e competenza. La competenza in materia ambientale può essere infatti essenziale: nella Carta etica del mediatore adottata dal Consiglio di Stato francese è previsto che il mediatore debba avere una significativa esperienza professionale nel campo della controversia ed essere qualificato nelle tecniche di mediazione. Secondo questa Carta, il mediatore deve quindi impegnarsi ad aggiornare e perfezionare le sue conoscenze teoriche e pratiche – ad esempio partecipando a eventi sui metodi alternativi di risoluzione delle controversie (colloqui, workshop, dibattiti, ecc.) . Un’altra regola etica fondamentale è che la mediazione è soggetta al principio di riservatezza. Le conclusioni del mediatore e le dichiarazioni raccolte durante la mediazione non possono essere divulgate a terzi o invocate nell’ambito di un procedimento giudiziario senza il consenso delle parti, con l’eccezione notevole di motivi imperativi attenenti all’ordine pubblico.
ii) Il codice di giustizia amministrativa prevede anche che le parti possano raggiungere un accordo: tale accordo non può pregiudicare gli eventuali diritti dei terzi. Questo accordo può anche essere omologato dal giudice amministrativo se le parti lo richiedono e quindi diventare vincolante
– Il codice distingue inoltre due tipi di mediazione:
i) La mediazione su iniziativa delle parti: le parti possono, al di fuori di qualsiasi procedura giudiziaria, organizzare la mediazione da sole e nominare il mediatore, oppure possono rivolgersi al giudice amministrativo per l’organizzazione della mediazione, a chi tocca in questo caso designare il responsabile della missione.
Nel caso di mediazione su iniziativa delle parti, i termini per il ricorso sono interrotti a partire dal giorno in cui le parti decidono di ricorrere alla mediazione.
(ii) La mediazione su iniziativa del giudice: la mediazione in questo caso è ordinata dal giudice, con l’accordo delle parti, nel caso in cui vi sia una controversia pendente dinanzi al giudice, al fine di consentire alle parti di raggiungere un accordo.
Ciò che deve quindi essere chiaramente compreso è che la mediazione così prevista dal codice di giustizia amministrativa è diversa da una controversia in contenzioso. La mediazione è diversa della procedura giudiziaria, puo avvenire sia prima della presentazione di un ricorso, sia dopo la presentazione di un ricorso e anche dopo un giudizio, in caso di appello ad esempio. L’obiettivo è che le parti cerchino di raggiungere un accordo.
3. Quattro anni dopo la riforma, quali conclusioni si possono trarre dell’esperienza di mediazione davanti al giudice amministrativo?
Nel corso della prima conferenza nazionale sulla mediazione amministrativa del 18 dicembre 2019, il Vicepresidente del Consiglio di Stato ha rilevato che nel 2018 sono state organizzate quasi 800 mediazioni dai tribunali amministrativi, sia su iniziativa delle parti prima della presentazione di un ricorso, sia dopo la presentazione di un ricorso, su iniziativa del giudice. Il 67% delle mediazioni effettuate ha portato a un accordo. Entro il 2019, la soglia dei 1.000 mediazioni stava per essere superata, con un tasso di accordo simile. Molto promettente si è rivelato anche il processo di mediazione preventiva obbligatoria iniziato il 1° aprile 2018 in alcune controversie sociali o concernenti i dipendenti pubblici: su quasi 1.400 mediazioni concluse nel primo anno di attuazione, l’82% aveva portato a un accordo con l’amministrazione o a una rinuncia al ricorso dopo l’accettazione della decisione.
Alcuni contenziosi, come il contenzioso dell’urbanistica, si prestano alla mediazione, in particolare nel caso delle controversie promosse da associazioni di tutela dell’ambiente o di quartiere, che sono controversie che riguardano la vita quotidiana e sono spesso un pretesto per risolvere un conflitto che ha poco a che vedere con la regolarità di un atto nel confronto della legislazione urbanistica .
Ma nel caso francese, c’è un paradosso per quanto riguarda la mediazione ambientale. Infatti, se guardiamo le cifre relative alle mediazioni nei tribunali amministrativi, sia su iniziativa delle parti che su iniziativa del giudice, nel 2020, su un totale di 1027 richieste di mediazione registrate a livello nazionale, sono state registrate solo 6 richieste di mediazione in materia ambientale, mentre in urbanistica la cifra è di 145! Per il 2020 le cifre sono ancora più basse, dato che sono state registrate solo 5 richieste di mediazione ambientale, tutte su iniziativa del giudice, rispetto alle 132 richieste nella materia urbanistica. Inoltre, in termini di mediazioni completate nel 2019, i dati indicano che sono state completate 3 mediazioni su iniziativa delle parti, ma nessuna di esse ha avuto un esito positivo.
Questa debolezza o insufficienza nella mediazione ambientale non sembra essere particolare alla Francia. Se ci riferiamo allo sviluppo della mediazione a partire dalla metà degli anni Settanta, sembra che l’ambiente sia il “parente povero” della famiglia della mediazione, in particolare nei paesi francofoni (ad eccezione del Quebec).
Quali sono le cause che sono all’origine di questa bassa percentuale nei casi in cui viene usata la procedura di mediazione in materia ambientale davanti i tribunali amministrativi francesi?
In primo luogo, ci sono delle cause generali, legate alla particolare natura delle controversie ambientali:
(i) La natura pubblica del conflitto: molte controversie relative ad atti o provvedimenti dell’amministrazione riguardanti la gestione dell’ambiente per il futuro mettono di fronte attori i cui interessi non possono convergere: in una parola, l’interesse pubblico difeso dall’amministrazione si oppone agli interessi privati e non può essere riconciliato con essi. Inoltre, questi interessi privati possono essere essi stessi in opposizione.
ii) l’assenza di interessi da risolvere attraverso la mediazione di conflitti relativi ad atti dell’amministrazione finalizzati alla riparazione o alla riparazione del danno ambientale che comunque si sono ad ogni modo già verificati a seguito di comportamenti privati o di atti amministrativi errati.
In secondo luogo, è possibile trovare cause specificamente francesi allo scarso sviluppo della mediazione giudiziaria nel diritto amministrativo francese:
– i) prima, le statistiche sopra menzionate probabilmente includono nella categoria “urbanistica” delle procedure di mediazione che potrebbero benissimo essere classificate anche in materia ambientale. Si tratta di controversie quotidiane, per le quali proprio la mediazione offre un modo ideale per trovare una soluzione.
ii) un’altro fattore che possa spiegare la situazione della mediazione giudiziaria in materia ambientale è l’ampio numero di procedure previste dalla legislazione francese che organizzano la partecipazione o l’associazione del pubblico alla preparazione di un progetto in materia ambientale. Il code de l’environnement, codice dell’ambiente francese, così come viene redatto oggi a seguito di un decreto legislativo (ordonnance) del 6 gennaio 2020, prevede almeno 4 grandi categorie principali di procedure: il débat public (dibattito pubblico), la concertation préalable (concertazione preliminaria), l’enquête publique (inchiesta pubblica) relativa ai progetti che hanno un impatto sull’ambiente, nonché, d’ora in poi, una procedura di partecipazione pubblica, per via elettronica, che sarà definita “sussidiaria”, in quanto si applica a tutte le decisioni delle autorità pubbliche che hanno un impatto sull’ambiente, ad eccezione delle decisioni individuali, quando queste decisioni non sono sottoposte ad una delle altre procedure di partecipazione del pubblico previste, al fine di rispettare il testo costituzionale della Carta dell’ambiente, che all’articolo 7 prevede il diritto di “ogni individuo di avere accesso alle informazioni relative all’ambiente detenute dalle autorità pubbliche e di partecipare alla preparazione delle decisioni pubbliche che riguardano l’ambiente”.
Quindi, si può ipotizzare che l’abbondanza di tali procedure che coinvolgono il pubblico nella preparazione delle decisioni in materia ambientale significhi che in seguito non ha molto senso avviare una procedura di mediazione nella fase giudiziaria.
Particolare enfasi va posta sulla procedura del dibattito pubblico, istituita nel 1995, che prevede un’autorità amministrativa indipendente, la “Commissione nazionale per il dibattito pubblico”, incaricata di garantire la partecipazione del pubblico alla preparazione di progetti di sviluppo o di infrastrutture di interesse nazionale per lo Stato e per gli enti locali e regionali quando questi progetti debbono affrontare sfide socioeconomiche importanti o incidono sostanzialmente sull’ambiente.
Per concludere, provvisoriamente, su questo tema, possiamo tornare sull’ incertezza semantica legata alla nozione di mediazione: è proprio utile limitarsi a esaminare la mediazione in sede giudiziaria, cioè davanti o in relazione al giudice, o bisogna anche esaminare le altre procedure di negoziazione, consultazione, dibattito, partecipazione del pubblico alle decisioni in materia ambientali? Se ci limitiamo ad esaminare la mediazione alla mediazione giudiziaria, c’è il rischio di concludere, almeno nel caso francese, che la mediazione ambientale è il “parente povero” della mediazione. Se, al contrario, estendiamo il campo dello studio a tutti i processi di negoziazione, consultazione, partecipazione dei cittadini, ecc. per le decisioni che hanno un impatto sull’ambiente, il concetto di questo studio diventa molto più ampio. Secondo alcuni osservatori, questa incertezza semantica del concetto di mediazione nasconderebbe la difficoltà, in paesi latini come Francia, Spagna, Italia, ecc., di realizzare una vera e propria mediazione ambientale dando agli attori il potere di gestire i loro conflitti. In Francia, in particolare, si tenderebbe a fare dello Stato il difensore dell’interesse generale di fronte a una moltitudine di interessi particolari e quindi a creare procedure di consultazione e di dialogo che non conferiscono ai cittadini un reale potere decisionale. Per questi osservatori, questa situazione sarebbe contraria ai principi di mediazione in vigore nei paesi anglosassoni, dove lo Stato, secondo le regole della common law, è solo un attore tra gli altri. Secondo questa prospettiva, la mediazione ambientale potrebbe svilupparsi solo se gli Stati accettassero di restituire alle parti coinvolte nei conflitti ambientali il potere di gestirli direttamente, cioè di permettere loro di riappropriarsi della gestione dei conflitti.
Comunque, nei nostri paesi di diritto continentale, possiamo vedere che nella mediazione ambientale l’amministrazione non è solo parte in causa, ma è la persona alla quale la legge e l’intero ordinamento giuridico riservano oggi il legittimo esercizio del potere pubblico e la gestione dell’interesse collettivo. Questo può spiegare la problematica della mediazione in Francia e nei paesi latini. Dunque, la questione che si apre è di sapere come sta per inserirsi la mediazione ambientale e in particolare questa mediazione in sede giudiziaria nel contesto generale della domanda sempre crescente di partecipazione dalla parte dei cittadini all’intero processo decisionale amministrativo (e anche politico)? Possono consentire le diverse procedure di mediazione all’amministrazione di conciliare i vari interessi contrapposti nell’interesse dell’intera comunità in una sintesi equilibrata ?
Montpellier, 16/12/2020
Jean-Michel DUBOIS-VERDIER
Président honoraire de tribunal administratif
La médiation devant le juge administratif français : l’application aux conflits environnementaux
(La mediazione nel processo amministrativo: l’applicazione ai conflitti ambientali / Mediation im Verwaltungsverfahren: die Anwendung bei Umweltkonflikten)
Préliminaires : L’intervenant français, qui travaille en droit comparé sur le thème qui nous est proposé, doit affronter une problématique complexe. En effet, il n’y a pas de procédure de médiation en tant que telle devant le juge administratif italien, celle-ci ne pouvant se dérouler qu’en dehors du cadre du procès administratif. Devant le juge administratif français, il existe au contraire depuis 2015 une procédure de médiation, susceptible de s’appliquer à l’ensemble des litiges administratifs. Toutefois, en ce qui concerne le thème spécifique de l’environnement, il existe en France de multiples autres procédures qui peuvent se dérouler avant même qu’un litige ne soit porté devant le juge administratif et qui tendent à mettre en présence la puissance publique, d’une part, et d’autre part, des groupes d’intérêts ou des individus concernés par des enjeux environnementaux dans le but de produire un accord ou un compromis entre les parties par le moyen de l’intervention d’un tiers extérieur, qu’on appellera médiateur ou conciliateur ou par un autre nom encore. Il est sans doute difficile d’enfermer les multiples procédures de médiation environnementale dans des définitions trop restrictives.
Une autre particularité de la situation française, c’est le rôle prépondérant de l’Etat que joue l’Etat en matière d’environnement et, par conséquent, la place importante du juge administratif, juge de la légalité des actes administratifs, ainsi que de la responsabilité des personnes publiques. Le contentieux administratif peut concerner un très grand nombre de litiges en matière d’environnement.
Je vais donc essayer de traiter le sujet d’une façon relativement empirique, en centrant mon propos sur la médiation devant le juge administratif français, mais non sans aborder la médiation en matière environnementale de façon plus générale.
- Si l’on fait un historique de la question, on peut dire que traditionnellement et jusqu’à ces dernières années, le droit administratif français était dominé par l’idée centrale que les litiges des citoyens avec l’administration étaient résolus principalement et même exemplairement devant le juge administratif par la voie du recours pour excès de pouvoir[1]. Certes, il régnait depuis longtemps une certaine perplexité quant à l’efficacité pratique du recours pour excès de pouvoir, parce que d’une part, les annulations d’actes administratifs intervenaient souvent plusieurs années après l’introduction d’une requête, et d’autre part, les juridictions administratives devenaient au fil des ans de plus en plus encombrées par un nombre de recours augmentant de façon vertigineuse.
Pour remédier à ce manque d’efficacité pratique du contentieux administratif et de l’ensemble du système judiciaire tout court, plusieurs solutions ont émergé à la fin du XXème siècle. C’est ainsi qu’on a assisté un peu partout dans le monde mais aussi en France, à l’émergence et au développement des « modes alternatifs de résolution des conflits » ou des contentieux (dits M.A.R.C.), ou modes alternatifs de règlement des différends (M.A.R.D.), Alternative Dispute Resolution (ADR) Environmental Dispute Resolution, EDR, [2], qui ont donné naissance à une « culture du règlement alternatif des litiges » : ces modes de solution des litiges s’inséraient dans l’idée d’installer d’une « offre de justice plurielle », supposée faire souffler un « vent de modernité »[3] sur le système judiciaire.
Ce qui doit être mis en évidence ici, c’est l’adjectif « alternatif », car l’une des finalités essentielles de ces procédures est de limiter ou même d’exclure l’intervention du juge étatique, pour inciter les parties à la négociation, qui n’était jusque là pas caractéristique de la culture et du système juridique français. La réaction a consisté à introduire dans le système judiciaire français des procédures de médiation judiciaire.
En France, c’est la justice civile et commerciale[4] qui a d’abord été concernée par ce développement des modes alternatifs de résolution des conflits. D’abord, par la réforme des procédures de conciliation et d’arbitrage, lesquelles existaient depuis longtemps dans le droit civil ou le droit commercial[5]. Ainsi, une procédure de médiation judiciaire a été instituée en 1995 [6] et insérée[7] dans le nouveau Code de procédure civile, sous l’article 131-1: « Le juge, saisi d’un litige peut, après avoir recueilli l’accord des parties, désigner une tierce personne afin d’entendre les parties et de confronter leurs points de vue pour leur permettre de trouver une solution au conflit qui les oppose. / Ce pouvoir appartient également au juge des référés en cours d’instance »[8].
Comment le droit public français s’est-il adapté par rapport aux modes de résolution amiable des conflits ?
Sur le plan du droit administratif général, il faut observer que dès 1973, a été créée une institution exemplaire pour notre sujet : Le Médiateur de la République était une autorité administrative indépendante chargée d’améliorer les relations des citoyens avec l’administration[9]. Sur le modèle de cette institution de ce médiateur national ont d’ailleurs été institués dans des ministères des médiateurs spécialisés : c’est ainsi qu’il existe depuis 1998 un médiateur de l’éduction nationale, qu’un médiateur des ministères économiques et financiers est compétent pour aider à résoudre un litige avec l’administration fiscale ou les douanes…
En revanche, sur le plan du contentieux administratif il y a eu une certaine lenteur, jusqu’à 2016, à s’adapter au développement d’une véritable procédure de médiation dans le cadre de la juridiction administrative. La perspective de voir se développer en droit public des moyens de résolution des litiges court-circuitant le juge ne pouvait que susciter la méfiance, c’est au moins une question que l’on peut poser.
A vrai dire, ce n’est pas qu’il n’existait pas avant 2016 de procédure de règlement amiable en contentieux administratif.
Par exemple, il existait depuis longtemps des comités consultatifs de règlement amiable des litiges relatifs aux marchés publics, plus que centenaires, (le premier comité a été crée en 1907) qui continuent du reste aujourd’hui à constituer un mode de règlement, quelque peu méconnu, de règlement des litiges en matière de marchés publics.
Ensuite, un pouvoir de conciliation avait été reconnu aux tribunaux administratifs en janvier 1986, mais cette procédure n’a été que peu utilisée.
On peut encore mentionner une procédure de médiation pour les litiges transfrontailers, instaurée en novembre 2011, à la suite d’une directive européenne [10] de 2008, dont l’incidence était plus que limitée.
C’est à partir des années 2010 que s’est ouverte une réflexion sur la possibilité d’une extension du recours à la médiation devant le juge administratif français, à la lumière des pratiques du juge judiciaire et du droit comparé. Cette réflexion a abouti à l’introduction d’un nouveau chapitre dans le code de justice administrative, entièrement consacré à la médiation [11], en vertu d’une loi du 18 novembre 2016, significativement dite de « modernisation de la justice du XXIème siècle ».
C’est donc une évolution différente de l’Italie où le législateur, pour l’instant, a décidé de limiter le champ d’application de la médiation aux seuls litiges en matière civile et commerciale[12].
L’idée générale du développement de la médiation, avec cette loi de modernisation de la justice, n’est en effet pas tant, comme on peut le croire, de désencombrer les prétoires, encore que les litiges susceptibles de relever de la médiation se comptent par milliers, mais bien de pacifier le règlement des litiges et de donner la priorité au dialogue[13].
- Cette procédure de la médiation devant le juge administratif français est définie comme « un processus structuré, qu’elle qu’en soit la dénomination, par lequel deux ou plusieurs parties tentent de parvenir à un accord en vue de la résolution amiable de leurs différends, avec l’aide d’un tiers, le médiateur choisi par elles ou désigné, avec leur accord par la juridiction»[14].
On voit que le législateur français a choisi, pour le juge administratif, de donner une définition extrêmement large de la médiation, puisqu’il s’agit d’un processus, susceptible d’englober plusieurs types de règlement des litiges, abandonnant en particulier la distinction entre conciliation et médiation faite par le code de procédure civile. Par conséquent, toute personne ayant un litige avec une administration est susceptible de recourir à la médiation.
Seule restriction, la médiation doit être un processus « structuré », c’est-à-dire qu’elle doit intervenir dans un certain cadre. Toutefois, ce cadre est extrêmement souple et large.[15] Dans un tel cadre, le médiateur (ou la médiatrice) peut donc concilier, négocier, voire arbitrer…
Le code de justice administrative fixe des règles générales à la médiation :
– en premier lieu s’appliquent des règles de déontologie. Le médiateur, qui peut être une personne physique ou morale, doit accomplir sa mission avec impartialité, diligence et compétence. La compétence en matière d’environnement peut être essentielle : Dans la Charte éthique du médiateur adoptée par le Conseil d’Etat, il est prévu que le médiateur dispose d’une expérience professionnelle significative dans le domaine du litige et possède une qualification dans les techniques de médiation. Il doit ainsi, selon cette Charte, s’engager à actualiser et perfectionner ses connaissances théoriques et pratiques – par exemple en participant à des événements autour des modes de règlement alternatif des litiges (colloques, ateliers, débats, …) ! Autre règle déontologique fondamentale, la médiation est soumise au principe de confidentialité. Les constatations du médiateur et les déclarations recueillies au cours d’une médiation ne peuvent pas être divulguées aux tiers ou invoquées dans le cadre d’une instance juridictionnelle sans l’accord des parties, sauf pour des raisons impérieuses d’ordre public.
– le code de justice administrative prévoit un accord auquel peuvent parvenir les parties : cet accord ne peut porter atteinte aux droits éventuels des tiers. Cet accord peut également être homologué par le juge administratif si les parties le demandent et avoir ainsi force exécutoire.
Le code distingue par ailleurs deux types de médiation :
- i) La médiation à l’initiative des parties: les parties peuvent, en dehors de toute procédure juridictionnelle, organiser elles-mêmes une médiation et désigner le médiateur, ou bien s’adresser au juge administratif pour organiser cette médiation, le juge désignant alors la personne qui sera chargée de la mission.
Dans le cas d’une médiation à l’initiative des parties, les délais de recours contentieux sont interrompus[16] à compter du jour où les parties conviennent de recourir à la médiation.
- ii) La médiation à l’initiative du juge: la médiation dans ce cas est ordonnée par le juge, avec l’accord des parties, dans le cas où il y a un litige pendant devant la juridiction, afin de permettre aux parties de parvenir à un accord.
Ce qu’il faut donc bien comprendre, c’est que la médiation ainsi prévue par le code de justice administrative est différente d’un litige au contentieux. La médiation peut se dérouler en dehors de toute procédure juridictionnelle, ou bien avant l’introduction d’un recours contentieux, ou bien après qu’un recours a été introduit et même après l’intervention d’un jugement, par exemple en cas d’appel. Le but est que les parties cherchent à parvenir à un accord.
- Quatre ans après la réforme, quel bilan peut-on tirer ?
Au cours des premières assises nationales de la médiation administrative, le 18 décembre 2019, le vice-président du Conseil d’Etat notait que en 2018 près de 800 médiations avaient été organisées par les tribunaux administratifs soit à l’initiative des parties avant tout recours, soit après l’introduction d’un recours, à l’initiative du juge. 67 % des médiations terminées avaient abouti à un accord. En 2019, la barre des 1000 médiations était en passe d’être franchie, avec un taux d’accord du même ordre. L’expérimentation de médiation préalable obligatoire engagée le 1er avril 2018 dans certains contentieux sociaux et de la fonction publique s’avérait également très prometteuse : sur près de 1400 médiations terminées durant la première année de mise en œuvre, 82 % avaient abouti à un accord avec l’administration ou à une renonciation à recours après acceptation de la décision.
Certains contentieux, tels que l’urbanisme, se révèlent propices à la médiation administrative, en particulier pour les litiges portés par des associations de protection de l’environnement ou de quartier, qui sont des litiges du quotidien et sont souvent le prétexte pour régler un conflit d’une autre nature[17].
Mais il y a une surprise en ce qui concerne la médiation en matière d’environnement. En effet, si l’on examine les chiffres des médiations dans les tribunaux administratifs français, que ce soit à l’initiative des parties ou à l’initiative du juge, en 2020, sur un total de 1027 demandes de médiation enregistrées au niveau national, ce sont 6 demandes de médiation seulement qui ont été enregistrées en matière d’environnement, alors qu’en urbanisme, le chiffre est de 145 ! Pour 2020, les chiffres sont encore plus bas, puisqu’on n’enregistre que 5 demandes de médiation environnementales, toutes à l’initiative du juge, contre 132 demandes en urbanisme. En outre, sur le plan des médiations terminées en 2019, les chiffres indiquent que 3 médiations rattachées à la matière de l’environnement à l’initiative des parties ont été terminées, mais aucune n’a abouti.
Cette faiblesse de la médiation en matière d’environnement semble ne pas être pas propre à la France. Si l’on se réfère au développement de la médiation depuis le milieu des années soixante-dix, on constate que l’environnement serait le « parent pauvre» de la famille de la médiation dans les pays francophones notamment (à l’exception toutefois du Québec).
Quels sont les causes de cette apparente absence de recours à la médiation en environnement ?
Il y a des causes générales, liées au caractère particulier des litiges en matière d’environnement :
- i) La nature publique du conflit : beaucoup de litiges relatifs aux actes ou mesures de l’administration concernant la gestion de l’environnement pour l’avenir qui mettent en présence des acteurs dont les intérêts ne peuvent converger : en un mot, l’intérêt public défendu par l’administration s’oppose à des intérêts privés et ne peut être concilié avec ceux-ci. De plus, ces intérêts privés pouvant être eux-mêmes en opposition.
- ii) l’absence d’intérêt à résoudre par la médiation des conflits relatifs à des actes de l’administration visant non plus à prévenir mais à réparer des atteintes à l’environnement qui en tout état de cause se sont déjà produites du fait de comportements privés ou d’actes administratifs antérieurs[18].
Au-delà de ces causes générales, il est possible de trouver des causes spécifiquement françaises à la faiblesse de la médiation judiciaire en droit administratif français :
- i) d’abord il faut relever qu’en France, de grandes entreprises, comme Réseau Ferré de France et EDF, mais qui sont chargés de la gestion d’un service public, possèdent des équipes de médiateurs spécialisées dans la gestion des conflits environnementaux.
- ii) surtout, un facteur essentiel qui peut expliquer la faiblesse actuelle de la médiation judiciaire en France en matière d’environnement est l’ampleur et le nombre des procédures prévues par la législation environnementale permettant une participation ou une association du public à l’élaboration d’un projet en matière d’environnement. Ainsi, le code français de l’environnement, tel qu’il est rédigé aujourd’hui à la suite d’une ordonnance du 6 janvier 2020, prévoit au moins 4 grandes catégories de procédures : le débat public, la concertation préalable, l’enquête publique relative aux projets ayant une incidence sur l’environnement, ainsi que désormais, une procédure de participation du public, notamment par voie électronique, participation qu’on qualifiera de « subsidiaire », puisqu’elle est susceptible de s’appliquer toutes les décisions des autorités publiques ayant une incidence sur l’environnement, à l’exception des décisions individuelles, lorsque celles-ci ne sont pas soumises par ailleurs à une procédure particulière de participation du public, ceci pour se conformer au texte constitutionnel de la Charte de l’environnement, qui prévoit en son article 7 le droit de « toute personne d’accéder aux informations relatives à l’environnement détenues par les autorités publiques et de participer à l’élaboration des décisions publiques ayant une incidence sur l’environnement».
On ne peut qu’insister en particulier sur la procédure de débat public, instituée en 1995, qui comporte une Commission nationale du débat public, autorité administrative indépendante, chargée d’assurer la participation du public à l’élaboration des projets d’aménagement ou d’équipement d’intérêt national de l’Etat, des collectivités territoriales, lorsqu’ils présentent de forts enjeux socio-économiques ou ont des impacts significatifs sur l’environnement.
Ces dispositions du code de l’environnement sont d’une très grande complexité, car les procédures ainsi mises en place sont susceptibles de se combiner entre elles, je pense en particulier à la procédure de débat public et la procédure de concertation préalable. Leur champ d’application est extrêmement large, tellement large qu’il peut s’appliquer à beaucoup de décisions ayant une incidence sur l’environnement, y compris des décisions qui relèveraient stricto sensu du contentieux de l’urbanisme[19].
Pour conclure, provisoirement, sur cette question complexe, il faut à nouveau insister sur la difficulté sémantique liée au thème qui nous occupe : Faut-il faire une distinction claire entre médiation judiciaire, en articulation avec le juge, et l’ensemble des procédures de négociation, de concertation, de débat, de participation du public aux décisions en matière environnementale ? Si l’on limite la médiation à la médiation judiciaire, il y a un risque de faire de la médiation en matière d’environnement le « parent pauvre », comme il a déjà été dit, de la médiation. Si l’on étend au contraire le domaine de la médiation à l’ensemble des processus de négociation, concertation, participation du public, etc, relatives aux décisions ayant un impact en matière environnementale, le concept devient large et flou. Selon certains observateurs, ce flou sémantique dissimulerait la difficulté dans les pays latins à l’image de la France, l’Espagne, l’Italie… de faire émerger une véritable médiation environnementale en donnant aux acteurs le pouvoir de gérer leurs conflits. Il y aurait, en France notamment, une tendance à ériger l’Etat en défenseur de l’intérêt général face à une multitude d’intérêts particuliers et donc à instaurer des procédures de concertation et de dialogue qui ne donneraient pas aux citoyens un réel pouvoir de décision. Pour ces observateurs, cette situation s’opposerait aux principes de médiation en vigueur dans les pays anglo-saxons où l’Etat, selon les règles de la common law, n’est qu’un acteur parmi d’autres. La médiation environnementale ne pourrait se développer que si les Etats acceptent de redonner aux parties impliquées dans des conflits environnementaux le pouvoir de les gérer directement, c’est-à-dire de leur permettre de se réapproprier la gestion des conflits.
Or, dans nos pays de droit continental, on voit que dans une médiation environnementale, l’administration n’est pas seulement partie au litige, mais qu’elle est la personne à qui la loi et tout l’ordre juridique, y compris le système juridictionnel, réservent aujourd’hui l’exercice légitime de la puissance publique et la gestion de l’intérêt collectif. Cela explique en partie le contexte de l’évolution historique de la médiation en France et surtout cela ouvre une perspective pour le futur : comment la médiation environnementale et en particulier la médiation judiciaire s’insérera-t-elle dans cette demande de régulation sociale qui s’est amorcée en France avec la volonté croissante de participation des citoyens à l’ensemble du processus de décision politique ? La médiation devrait permettre à l’administration de concilier dans l’intérêt de toute la communauté les différents intérêts opposés dans une synthèse équilibrée.
Montpellier, 02/12/2020
Jean-Michel DUBOIS-VERDIER
Président honoraire de tribunal administratif
[1] Au sens français du terme, c’est-à-dire un recours en annulation d’un acte administratif devant le Conseil d’Etat ou devant les tribunaux administratifs.
[2] strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, alternativer Mechanismen zur Streitschlichtung, alternative Streitbeilegungsverfahren, alternativen Konfliktregelungsmethoden…
[3] Paul Rolland, in site « village de la justice »
[4] Et aussi pénale.
[5] puisque l’on a pu parler dès la fin du XIXème siècle de favor conciliationis ou de favor arbitrandi
[6] par une loi du 8 février 1995
[7] instituée par la loi n° 95-125 du 8 février 1995, et insérée par le décret n° 96-652 du 22 juillet 1996
[8] Aujourd’hui, en 2020, le code de procédure civile français consacre, dans son Titre VI et en son Livre premier, l’existence de deux procédures relativement distinctes de règlement alternatif des litiges : la conciliation et la médiation. Il existe tout un débat théorique sur le point de savoir s’il faut distinguer médiation et conciliation, alors que, en termes de mode de règlement des différends, médiation et conciliation ne se distinguent guère
[9] Aujourd’hui, l’institution, sous le nouveau nom de « Défendeur des droits » est chargée de veiller à la protection des droits et des libertés et de promouvoir l’égalité.
[10] directive 2008/52/CE du Parlement européen et du Conseil du 21 mai 2008 sur certains aspects de la médiation en matière civile et commerciale.
[11] Cf les articles L 213-1 à L 213-10 du Titre Ier, Chapitre III du code de justice administrative.
[12] il Legislatore ha optato per la soluzione di limitare l’ambito di applicazione della nuova disciplina alle sole controversie civili e commerciali, stralciando il comma che ne ipotizzava l’estensione anche alle controversie coinvolgenti le amministrazioni pubbliche
[13] Bruno Lasserre, vice-président du Conseil d’État, in Premières assises nationales de la médiation administrative 18 décembre 2019
[14] Article L 213-1 du code de justice administrative
[15] Un peu comme le cadre psychanalytique
[16] Ainsi que les prescriptions
[17] Voir la très intéressante étude « La médiation administrative en urbanisme à l’épreuve des faits » de Sylvie MISCHO-FLEURY, publiée en ligne le 31 janvier 2020. avec l’aimable autorisation de publication de Mr Jean-Pierre Vogel-Braun, Vice-Président et Référent Médiation au Tribunal Administratif de Strasbourg.
[18] Certains auteurs, comme Larry Susskind, considèrent ainsi que la médiation environnementale est plus difficile à conduire que la traditionnelle médiation judiciaire, familiale ou sociale en raison de sa complexité et parce que le médiateur ne doit pas seulement gérer le processus (médiateur passif), mais également le contenu en veillant à garantir le respect de l’ensemble des intérêts dans l’accord (médiateur actif) et notamment des intérêts qui ne sont pas tous représentés à la table des négociations. Un risque majeur réside, en effet, dans l’émergence d’oppositions ultérieures de la part d’intérêts non ou mal représentés ou dans la possibilité de voir des accords se faire sur le dos d’un intérêt public ou d’un bien commun. Plusieurs auteurs évoquent alors l’intérêt d’inscrire la médiation dans un processus de débat public.
[19] Ce qui peut nous amener à réexaminer les chiffres cités plus haut en ce qui concerne la place respective de la médiation environnementale et de la médiation en urbanisme.